L’ultima occasione per la città: Piedimonte Matese sta per morire

La data è confermata. 11 giugno. Un appuntamento che per molti non significa nulla e per tanti è addirittura da ignorare.
Se dicessi: l’11 giugno Piedimonte Matese potrebbe incamminarsi verso la ripresa, o la sua distruzione, cambia l’effetto? Ti senti colpito?


Andare a votare è una cosa seria, un appuntamento che rappresenta l’apice della democrazia. 
La tessera elettorale, che un po’ tutti teniamo nel cassetto, è una vera e propria pistola camuffata. 

Il voto è un’arma, una decisione che comporta responsabilità. Significa depositare un seme che crescerà lento e porterà a dei risultati.

Ci stiamo per incamminare verso una nuova stagione amministrativa che rappresenta una dura prova per i cittadini, già provati dalla pressione fiscale e quasi “depressi” in un territorio che ricoprirebbe perfettamente il ruolo del malato terminale in un telefilm. 

Io ho sinceramente paura. Chi dovrà diventare amministratore avrà una delle più grandi responsabilità sulle sue spalle che un essere umano possa assumersi: il destino di una città, e di un’intera generazione di giovani adulti che ormai si sta specializzando in pellegrinaggi all'estero.

Ora o mai più. Piedimonte Matese attualmente non offre nulla ai giovani, nulla a chi perde il lavoro. Si campa di rendita su glorie passate.
Si vive ancora con i residui di una politica i cui schemi sono obsoleti. 

Piedimonte Matese, ricordiamolo, è la città di Enrico Caruso, di Aurora Sanseverino, del Torano e del Maretto; di uno dei borghi storici più belli della Campania, nonostante di strategie di conservazione non se n’è mai sentito parlare.
E’ la città dei panorami perfetti per i fotografi, per registi in erba, per scrittori, poeti, cantori, musicisti.

Questo territorio, che oggi conta circa 11.000 abitanti, ha rappresentato la gloria del Regno di Napoli con la sua tradizione cotoniera. 

Eppure oggi ci guardiamo attorno, e assistiamo a un disastro. 

Non è rimasto più nulla. Il serio rischio che corre questa cittadina, se non si riprenderà, è quella di diventare un comune di confine: isolato e in cui sversarci colpiti da “divieti di dimora” e anziani in cerca di aria fresca. 

Ma si può ancora scegliere. Sostanzialmente per l’ultima volta.


Guglielmo Ferrazzano

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